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Novità 2017: Oz

Piastrelle e Ceramica
  • 3 Ottobre 2016

In occasione del Cersaie 2016, la fiera internazionale della ceramica per l’architettura e l’arredo bagno, Novoceram presenta la serie Oz, una gamma di piastrelle in gres porcellanato colorato in massa effetto pietra studiata per la realizzazione di pavimentazioni e rivestimenti interni ed esterno.
Collezione Oz

Per raccontare al meglio le peculiarità di questa collezione unica, abbiamo deciso di intervistare Davide Possati, product manager di Novoceram.

Oz è il prodotto di punta di Novoceram per il 2017. Di cosa si tratta?
Tecnicamente, si tratta di gres porcellanato colorato in massa, probabilmente il materiale più performante e versatile tra quelli utilizzabili per il rivestimento di pavimenti e pareti. E’ una ceramica cosiddetta “effetto pietra”, anche se in Novoceram non amiamo questa espressione, perché parlare di un semplice “effetto” ci pare riduttivo: da una parte, la somiglianza con la pietra naturale è tale che la piastrella posata risulta praticamente indistinguibile dal materiale originale: non solo l’estetica è identica, ma anche la sensazione al tatto e la riflessione; d’altra parte, il materiale ceramico è molto più resistente e pratico della pietra naturale ed è disponibile in una varietà di colori e di formati inimmaginabili per la pietra a cui si ispira. Oltre al fatto che, almeno nel caso specifico di Oz, procurarsi la pietra naturale sarebbe estremamente complicato…

Come sarebbe?
La cava è stata chiusa: rimangono soltanto due blocchi già estratti esauriti i quali non vi sarà più alcuna possibilità di procurarsi questa pietra.

Di che pietra si tratta?
Ah, questo non posso proprio dirlo! È talmente raro ormai trovare qualche materiale nuovo, che quando questo accade é inevitabile essere molto gelosi del loro segreto! Dal punto di vista geologico comunque, si tratta di un materiale frutto della stratificazione di calcite, dolomia e quarzo. Queste stratificazioni si sono formate alla fine dell’Oligocene, circa 25 milioni di anni fa, quando i tufi e le lave della zona di provenienza – un’area di origine vulcanica della Germania centrale, tra Baviera, Assia e Turingia – si sono trasformate in sequenze sedimentarie. Come materiale da costruzione, è stato utilizzato dalle popolazioni locali fin dall’età del bronzo, quindi successivamente anche dai Romani. Abbandonato, è stato riscoperto alla fine dell’800, quando la cava venne finalmente riaperta, precisamente nel 1896. Da quel momento è stato riscoperto e utilizzato per l’architettura moderna, grazie alla sua consistenza e al colore insolito e straordinario, assolutamente unico, dovuto all’altissima percentuale di calcite e magnesio. Recentemente, come accennavo prima, proprio in seguito alla chiusura definitiva della cava di estrazione, è diventato molto raro ed esclusivo.

E dove l’avreste scovata quindi!?
Quando sviluppammo la serie Cast, nel 2011, ispirata alla pietra di Vals, la trovammo nel corso di un viaggio in Svizzera intrapreso appositamente per ricercare nuove pietre da interpretare in ceramica. Vorrei poter raccontare una storia simile per il caso di Oz: in fondo il nostro lavoro è un poco come quello di certi scrittori che interpretano ed elaborano spunti e informazioni raccolti in anni di ricerche… Ma non è così. La verità è che avevamo un pezzo di questa pietra naturale in laboratorio da otto anni! Non ricordo neanche precisamente come fosse finita lì… Piero Mesini, il direttore del nostro laboratorio di ricerca, aveva anche già realizzato una versione ceramica di quell’unico pezzo un paio d’anni fa. Quando abbiamo deciso di sviluppare una collezione di gres porcellanato ispirato alla pietra per il 2017, l’abbiamo ripresa in considerazione e abbiamo deciso che potesse essere arrivato il momento di proporla, tra altri temi lapidei, alla prima rounione interna per definire le nuove linee di ricerca. La proposta è piaciuta ed è stato deciso di svilupparla.

Una volta deciso il tema, come si svolge il processo di sviluppo industriale?
Tortuosamente, almeno in questo caso! Perché le difficoltà sono incominciate subito: non avevamo che un unico pezzo recuperato otto anni prima. Fortunatamente, ricordavamo dove ce l’eravamo procurato. Dopodiché, una volta ordinata una quantità adeguata per la rilevazione delle grafiche, abbiamo atteso quasi tre mesi prima che arrivasse. La sorpresa più grande però doveva ancora arrivare…

Quale sorpresa?
Il materiale che è arrivato non aveva nulla a che vedere con il pezzo che avevamo in laboratorio! O meglio: soltanto circa un quarto delle pietre (una quantità smisurata di pesantissime lastre di 40×40 cm di 4 cm di spessore!) assomigliava a quella, ma le altre erano alcune molto più chiare, altre molto più scure, altre più rosse, altre più grigie, altre ancora più arancio, in un caleidoscopio di combinazioni di colori, intensità e disegni! Voglio dire: una cosa stupefacente per ricchezza di colori e profondità di dettagli – veramente, meravigliosa, mai visto nulla di simile, e – credetemi – nel corso degli anni ne abbiamo viste veramente tante! Ma non c’entrava nulla con quello che avevamo presentato alla riunione precedente e su cui tutti avevamo deciso valesse la pena di lavorare. Un dettaglio non trascurabile, dal momento che avevamo perso tre mesi e investito molte migliaia di euro nell’acquisto…

Quindi come avete fatto?
Per tornare alla questione iniziale, quella sul processo di sviluppo industriale, abbiamo l’abitudine di condividere con i responsabili delle funzioni coinvolte nella decisione della definizione dei nuovi prodotti tutti gli step del processo sviluppo. Semplicemente, li abbiamo invitati a vedere la distesa del materiale naturale, anticipando loro che quello che avrebbero visto, li avrebbe probabilmente scioccati: si trattava di stabilire solo se positivamente o negativamente!
Oggi possiamo facilmente immaginare come è andata…
La parola fine l’ha posta Danilo Comazzi, il direttore commerciale di Novoceram cha detto: “Ok, andiamo avanti, purché la facciate esattamente com’è: non dovete togliere neanche un granino!”. Una sfida che non si é rivelata così facile! Le pietre sono state selezionate, fotografate, è stato eseguito un montaggio fotografico per adattarle ai grandi formati ceramici in cui doveva essere commercializzata e – soprattutto – è iniziato il processo di conversione su supporto ceramico, che prevede centinaia e centinaia di prove su piastrella per la messa a punto, la presentazione dei pannelli di laboratorio per discutere insieme le eventuali modifiche da apportare e l’esecuzione delle stesse nelle settimane successive, in un processo di perfezionamenti successivi fino al raggiungimento di un risultato soddisfacente. Oltre, ovviamente, alla definizione dei colori “inventati”, quelli diversi dalla pietra naturale…

Quali sono questi colori, nel caso di Oz, e come sono stati scelti?
Oltre al colore originale della pietra naturale, l’Original, Oz sarà proposta in altri quattro colori: Claire, Chaud, Gris e Foncé. Modificare il colore di un materiale naturale tanto straordinario come quello a cui ci siamo ispirati, è davvero molto difficile: il risultato rischia di essere goffo e artificioso. Tanto più nel caso di una pietra come questa che non assomiglia davvero a nessun’altra. Come ho detto tuttavia, la pietra naturale mescola lastre di diversi colori sensibilmente diversi tra loro: la soluzione che abbiamo trovato è stata quindi semplicemente sviluppare ogni colore della gamma da ognuno delle famiglie di colori principali della pietra. Dalle più scure, il Foncé, un grigio caldo e scuro; dalle più chiare il Claire, un avorio di media intensità; da quelle intermedie il Chaud, un grigio beige difficile da definire con precisione, un colore molto in linea con lo stile Novoceram! La lastra di pietra che giaceva in laboratorio da otto anni apparteneva proprio a questa famiglia. Manca il quinto colore, il Gris: l’ispirazione originale l’abbiamo attinta addirittura dal colore dello spessore della pietra tagliata, che assume toni più grigi e più freddi; l’abbiamo poi resa ancora più fredda per dare alla gamma un’ampiezza cromatica più equilibrata.

Colpisce il fatto che delle cinque nuove collezioni che Novoceram presenta al Cersaie 2016, ben tre sono ispirate alla pietra naturale: come mai questa scelta?
La decisione dei temi delle collezioni per il 2017 è frutto di un processo decisionale iniziato nell’autunno del 2015 e che coinvolge diverse funzioni aziendali, in particolare Marketing, Commerciale e naturalmente, Direzione. Negli ultimi anni, con collezioni come Ciment, Azimut, Zen, Vertige, Petitot, abbiamo ampliato la gamma di prodotti ispirati a materiali come il cemento, il cotto e le resine: abbiamo evidentemente saputo interpretare molto bene le richieste del nostro mercato, dal momento che si tratta di serie di grande successo commerciale. Anche se la tentazione poteva quindi essere quella di insistere ancora su questo filone (e le idee non sarebbero mancate!), abbiamo preferito affrontare questa nuova sfida, su un tema – quello della pietra ceramica – che nel mercato di riferimento di Novoceram (principalmente la Francia e i paesi francofoni) risulta essere particolarmente difficile e che – forse proprio per questo – risulta poco presente nel nostro catalogo (certo, ci sono alcune fortunatissime eccezioni, come Cast e Samsara, per esempio). Abbiamo scelto di affrontarlo, come nel nostro stile, in maniera molto attenta alle caratteristiche del mercato e con originalità: speriamo di essere riusciti a centrare entrambi gli obiettivi.

Si può dire che in una certa misura che anche lo sviluppo di una nuova collezione di piastrelle ceramiche è “design”?
A seconda della collezione, il contenuto di design può essere più o meno evidente, ma ogni collezione è concepita e progettata con cura attraverso un lungo processo di ricerca e sviluppo. La collezione Azimut, ad esempio, è un effetto cotto-cemento declinato in colori contemporanei: siamo partiti con un’idea ben precisa di quello che volevamo ottenere e abbiamo dato indicazioni precise a un artigiano (ma sarebbe forse il caso di parlare di artista) che ha realizzato per noi decine di pannelli fatti interamente a mano con stucchi, terre colorate e vernici che abbiamo utilizzato come base di partenza per l’elaborazione industriale del progetto. In questo caso il processo è esattamente quello del design industriale. Anche nel caso della riproduzione apparentemente pedissequa di una pietra naturale come Oz tuttavia vi è un marcato carattere di design e progettazione. Innanzitutto nella selezione del materiale: abbiamo scartato più del 70% della pietra naturale a nostra disposizione semplicemente perché volevamo dare a Oz un certo carattere ben determinato. Poi ovviamente nello sviluppo dei diversi colori che compongono la collezione: se l’Original è una riproduzione esatta del colore e della stonalizzazione della pietra naturale, gli altri quattro non esistono in natura, sono interamente decisi e determinati da noi, esattamente come farebbe uno stilista nel scegliere il colore dei tessuti della propria collezione.

Perché l’avete chiamata Oz?
Non volendo in nessun modo utilizzare un nome che potesse far identificare la pietra originale, cercavamo un nome semplice, breve, un po’ magico, che fosse pronunciato nello stesso identico modo in tutte le lingue più diffuse e che fosse evocativo per il pubblico di (quasi) tutto il mondo. L’obiettivo è centrare il gusto di tanti pubblici diversi, e venderla in molti paesi, almeno col nome, ci siamo portati avanti…

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